“Non so dei
vostri buoni propositi
perché non mi riguardano
esiste una sconfitta
pari al venire corroso
che non ho scelto io
ma è dell’epoca in cui vivo
la morte è insopportabile
per chi non riesce a vivere
la morte è insopportabile
per chi non deve vivere
lode a Mishima e a Majakovskij”
Mai
banali, i CCCP conchiudono il lato A di “Affinità-divergenze fra il compagno
Togliatti e noi. Del conseguimento della maggiore età” con “Morire” dove Ferretti,
con parole scheletrite ma profetiche narra il senso di una (de)generazione nata
sotto l’egida del consumismo più becero.
Perché
citare Mishima e Majakovskij? All’indomani del secondo conflitto mondiale il
pensatore giapponese si leva a piena voce
contro gli ameri-cani e il loro malcelato tentativo di assoggettare il Giappone
e il mondo dietro falsi slogan democratici; il poeta russo, fondatore del
Cubofuturismo, prefigura, sotto il segno del trittico vita-poesia-rivoluzione,
gli eventi che avrebbero sconquassato ma liberato la Russia dalla vetusta patina
di autocrazia zarista, salvo poi sbugiardare il mito rivoluzionario una volta
accusato di essere lontano dai dettami del regime e dalle necessità superiori
dello Stato.
Mishima
vagheggia un Giappone che riscopra le proprie radici culturali, che torni all’età
dell’oro, che aderisca nuovamente a quei valori che l’hanno reso grande: abnegazione,
sacrificio, dedizione al proprio dovere. Il 25 novembre 1970 Mishima si toglie
la vita con un gesto d’altri tempi e lontano anni luce dalla sensibilità comune:
il suicidio rituale, il seppuku (spesso
erroneamente confuso con l’harakiri),
un’uscita di scena pirotecnica, perfettamente concorde al suo stile
provocatorio e preparata con una freddezza
proverbiale. A partire dal biglietto che lascia uscendo dal suo studio e
andando incontro con fierezza al suo destino ineluttabile: “La vita umana è
breve, ma io vorrei vivere per sempre”.
L’epilogo tragico di Mishima è al contempo l’apice e la sintesi di una
poliedricità vissuta sempre in maniera irrequieta: le difficoltà a relazionarsi
con gli altri, la presunta omosessualità, il matrimonio contratto solo per
compiacere i genitori, i viaggi in Occidente, l’amore per la Grecia e la classicità, il
fascino insondabile che l’essere per la morte esercita su di lui e che
concretizza più volte nel suo corpus
letterario prima che su se stesso.
A
tutta prima, invece, il suicidio del poeta russo sembrerebbe meno teatrale: il
14 aprile 1930 pone fine alla sua esistenza con un colpo di pistola al cuore
ma, analogamente al suicidio di Mishima, anche quello del poeta russo viene
pianificato con estrema lucidità: la lettera di commiato dal mondo, intitolata
“A tutti”, è datata 12 aprile, due giorni prima del gesto. Si dice tanto sulle
presunte motivazioni che lo hanno spinto a togliersi la vita: le sopracitate
incomprensioni via via sempre maggiori con il governo sovietico, le
insoddisfazioni di una vita che vedeva scivolargli via, le delusioni amorose.
Guardando più a fondo però vi è una motivazione più alta che spinge il poeta a
tale gesto. L’agire di Majakovskij è pervaso da un imperativo categorico di
sfida alla morte: e il suicidio si ascrive a quest’anelito. D’altronde nota è
la passione dello scrittore per il gioco d’azzardo e, nell’ottica del
poeta-titano, non è forse il gusto della competizione e del confronto a
spingerlo a mettersi a tu per tu con Caronte?
“A
tutti. Se muoio non incolpate nessuno. E, per favore, niente pettegolezzi: il
defunto non li poteva soffrire. Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Non è
una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta. Lilja,
amami. Compagno Governo, la mia famiglia è Lilja Brik, mia madre e le mie
sorelle e Veronika Vitol’dnovna Polonskaja. Se agirai affinché abbiano
un’esistenza decorosa ti sarò riconoscente. I versi qui iniziati dateli ai
Brik, loro sapranno che farne.
Come
si dice,
l’incidente
è chiuso:
la
barca dell’amore
si
è spezzata contro gli scogli banali della quotidianità.
La
vita e io siamo pari,
inutile
elencare
offese,
dolori,
torti
reciproci.
Voi
che restate siate felici”.
Antonio Felline