sabato 4 febbraio 2012

Daniele Grassi, “poeta europeo di lingua italiana”


In un angolo remoto prossimo ai boschi di un noto comune residenziale della lontana periferia di Bruxelles, Tervuren, vive da molti anni, in una casa di bella architettura, fatta costruire "su misura", un poeta italiano di alto rango, Daniele Grassi.

Nato nel 1925 a Morra De Sanctis (Avellino), il paese appunto del grande De Sanctis, a cui fa pienamente onore, Grassi, già funzionario del Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea, ha accumulato, soprattutto negli anni della pensione, un'opera poetica imponente: finora 15 volumi (stampati a proprie spese), più uno in formazione, senza contare due volumi di autobiografia già pronti. E non si tratta dei volumetti smilzi di oggi, con le pagine in cui il bianco prevale di gran lunga sul nero: sono volumi spessi, densi e intensi. Nessun poeta, come Daniele Grassi, ha fatto un'esplorazione più larga e profonda, e tuttavia priva di "mostruosità", dell'erotismo, cioè di una forza che muove il mondo, anche se egli non si è limitato a questo tema e la sua poesia spazia in molti altri campi. Ha fra l'altro accumulato una notevole collezione d'arte, soprattutto di arte negra. Grassi, che ha una cultura, uno stile e un ideale in tutto e per tutto classici, si ricollega fra gli altri ai poeti erotici latini, ma è più di questi concreto, libero e spregiudicato, per quanto sia difficile dirlo.

La sua poesia erotica è, anche rispetto a tali grandi poeti, nuova e originale, più elementare, veramente moderna. Quello che ha in meno di nobiltà, se è lecito dire così, lo ha in più di profondità e terrestrità. Ne risulta dunque una materia a volte fatalmente pesante, che però è riscattata e nobilitata da una lingua moderna, viva e classica insieme. Per me una lingua dantesca.

Sossio Giametta



TROPICANDO

Coricata sul dorso or luna giace
qui a corni larghi. E tu slargata incanti
da lontananze. Rotola l’oceano
e prossimo e lontano la tua immagine
mi reca che bianchissima su nera
sabbia incede. Se tutto si accavalla
-onde in arrivo ed onde di ritorno-
sei tu in un’altra, giusta altezza e piene
cosce in sodo bacino altalenante?
Mi sorridi? Non so. Ad altro pensi?
Finta e sincera sulla macchia  è ritta
or la tua luna e questa mia, sincera
e finta, stesa sui palmizi canta.
Qui gli dei e le dee sono dovunque.


SMANIANDO

Nel padiglione aperto in letto enorme
dorme o sobbalza tutta la famiglia
che all’alba cotto il riso porta al tempio
domestico con fiori, frutti e incenso.
Quale una santa nella sua cappella
sotto una zanzariera a baldacchino
rapita qui staresti e persi i sensi.


ILU’ E NANA’

A giudicar dai galli
qui albeggia tutto il giorno.
Se vagolo poi intorno
a contemplare Ilù
tristissima, sei tu
che accesospento aggalli
sorriso imperscrutabile
dal labbro filettato
e dal velluto liquido
negli occhi impelagato.
Sarebbe incoraggiata
perfetta Maddalena
Ilù e inginocchiata
mi ungerebbe, ripiena
di preveniente grazia,
mentre Marta-Nanà
più versatile strazia,
qua scomparendo e là
riapparendo serena
luna di lava nera.


LA SPECIALITA’

Di quella pelle ed ossa pregna cagna
essere sembra la specialità
prendere deretana le distanze,
poi la mano annusarmi accelerando
e quindi velocissima sfrecciare,
seguendo a parallelo schiume di onde,
e al colmo della corsa in capitomboli
ribaltarsi. Avvistato in lontananza
poi cagnaccio, spedita a coda ritta
e fregna bene in vista attacca briga,
il pigraccio annusando, cui la voglia
a testacoda circuita circuendo
bene attizza, solo al pene mirando,
ferina castratrice se per sdegno
non so di scorsi torti oppure ardente
cacciatrice di ritrosetti falli.
E sei tu manierosa in altre forme
che ora al mattino sopravvieni e il rombo
cavallonando vinci dell’oceano



KADEK A WAKA LOUKA

In luce di crepuscolo o dilucolo
a mezzodì ti stringi i panni addosso
e come fossi abbandonato in verde
bottiglia fluttui in sonnacchiosi tempi
immemore seppure si disegnano
chiare aste di bambù che il cielo reggono
assente. Levigata a specchio circola,
però, Kadek e vellutato emette
sorriso quando civettuola in curve
e controcurve balineggia dotta.
Come a terrazze irrompe in sottobosco
or grazia che protesa ti promette
e schiva si ritira e circonflette.
L’hanno arata per secoli a rilento
le bufale pazienti, le hanno smosso
il fondo piedi e stinchi giammai stanchi
e inseminata mani per trapianti
sì che fiorisca e spighi nel contempo
verde e dorata sui minuti campi.
Per rinnovarsi serpe in romitorio
Kadek è qui salita o sol per morderti
saputissima al cuore solitario?
Non chieder troppo che atteggiando aspetti
lei: anche il limo il cielo qui riflette.


MI ABBISOGNA

L’esotico mi turba, mi spaventa
l’estraneo. Non di qui l’estremo viaggio
può cominciare. Consolato sguardo
dentro nota cornice mi abbisogna..


RICORDO DA NUSA DUA

Acre ancora di oceano
quel corallo a pentagoni
sa e verdicchio una stella
poliraggia dal centro
di ogni alveolo. Innalza
anche ardite falesie
da uno scentrato centro
che reggon la mirabile
famiglia in superficie.
Son granelli di sabbia
a capocchia di spillo
e che qua e là arricchiscono
la rete geometrica,
oppure in nuce altri esseri
qui annidati e per sfizio
loro oppur necessari?
Frammentato in ricordi
saprai mai concentrarti
in un Tutto magnifico
che in geometria variabile
è costante e significa?
.

RAINFOREST

Fittissimi i bambù, rara la gente
e i quasi cavernicoli picozzano
rettangoli tufacei entro quei baratri
nebbiosi. Scorre nera la corrente
tra massi neri e nere lavandaie
sbattono panni neri. Sola accende
in tanta neritudine la carne
soda una madre giovane, mammelle
manipolando, i vaccini capezzoli
offerti ad un dio pluvio. Se la guardo,
mi guarda non ritrosa, anzi contenta
del desiderio mio che più la scopre
e lei quasi mi asseconda, il sarong
arieggiando e mostrando un sol momento
carnoso il bassoventre. Poi canefora
largamente ritmando scale monta.


SACERDOTESSA SCALZA

Con altare su parete di fondo,
aperto su tre lati era il capanno.
Al mattino sacerdotessa scalza,
nudi i seni, ma protetta la vulva
da sarong, discendeva, i fiori alle onde
per offrire affinché fosse clemente
il Maligno del mare se l’incenso
respirava e il profumo del suo grembo.


OGNI MATTINA

Ed ogni mattina smuove erpicando
la stessa sabbia che il mare la notte
ha invaso di detriti e, se fra nuvole
ogni mattina marosi-cavalli
spronando il sole appare, lei una chiostra
di bianchissimi denti apre e sorride
al mio passaggio. Si chiama? ... Marina
ninfa, meniali faccende sbrigando,
un dio amoroso aspetta che da spoglie
mentite sappia estrar la sua regina.


ANTENATI

Pelle ed ossa qui attendono pazienti
rugosissimi vecchi sulle soglie
e tu non sai se ancora lo spettacolo
percepiscan del mondo. Rannicchiati
in dorata urna poi non se ne vanno
no, certamente no: solo si assentano.


DISUGUALE UGUALMENTE

Quelle dei Caraibi l’hanno stretta,
rosea e lunga, quelle
di Bali l’hanno larga,
giallina e corta, voglio di conchiglie
dir l’apertura, di mulatte ardenti
e non di balinesi sorridenti
la vulva. Son diversi anche gli oceani
e i tornado diversi dai monsoni
con gli stessi, però, sconvolgimenti.
E tu? Di temperato clima figlia
qualcosa d’intermedio
avrai e che tortuosa e pertinente,
disuguale ugualmente mi scompiglia.


LA COMMEDIA

Nell’afa del desiderio
sottaciuta in questa e quella
la flabella la memoria
come fosse lor sorella
pur nella diversa storia.
Ed allora semiserio
non dò peso più di tanto
ai rifiuti od agli assensi ;
lancio l’amo, attendo un’onda
più invadente che i miei sensi
imperiosa illuda e a schianto
si disperda sulla sponda.


SEPPURE

Seppure di orchidee gemmata è l’aria,
ghecoccia il geco, ruculia la tortora.



LEGATA TENUE

Guarda come sull’acqua azzurra naviga
capricciosa in frammento a barca palma
e vorrebbe Nanà con scopa ad erpice
catturarla. Ma vagabondo un refolo
la gira allontanando, la rigira,
la pencola appressandola, l’affonda
e la riaggalla. Altissimi ora volano
aquiloni e supporre puoi soltanto
chi li regga. Nanà la fuggitiva
aggancerà? Volubile e lontana
ti aggancerò? Qui a tonfi e tonfi tonfa
ora noci di cocco con serpetta
coglitore acrobatico, di scimmia
piedi aggiogati al tronco, mani libere.
Chi serra chi? Chi sfugge a chi? Tu dimmelo,
legata tenue, non a filo doppio.


AGNIZIONI

Per tutti i diavoli e per Belzebù,
da foto dell’ottocentosettanta
solamente a posteriori ho saputo,
dai peli delle ascelle pur avendolo
dedotto, quanto di Nanà e d’Ilù
bene in carne fosse, scuro e velluto
il bassoventre e sodo, ma minuto
il seno della prima e da una foto,
poi, del novecentododici quanto
della seconda il pendulo ora seno
sia stato da ragazza ritto e pieno
della seconda da ragazza il seno.
Delle donne di Bali or come prima
coequilibrate sono spalle e natiche,
non troppo grandi queste o strette quelle.
Ampie solette i piedi nudi, gambe
forti e a coppa di mano le mammelle,
quindi armoniose e sorridenti incedono.
Fanno sesso spontaneo, se vuoi, casto,
con offerte agli dei e amore agli uomini.
Altro che le tue ambagi e le tue smorfie
e, se osassi tu fare spogliarello,
che malagrazia e zizzarelle sgonfie!




LA TUA RAGION D’ESSERE

Avessi sguardo cupido e vagante,
potresti anche risorgere a un convegno
d’ombre. Represso, eppur significante  ,
però, l’hai e perfino limpidezza
di cielo sgombro e ricco di riflessi
presenta di sfuggita. Allor che dire
potresti accanto a nude congressiste,
di te più caste o libertine, senza
remore e avverse ad ogni infingimento?
Maestra ognuna del proprio strumento,
chi dolcissima canta e svaria Lieder;
chi strombetta scomposta; chi si sgola
trillando primadonna da decenni;
chi immusonita, sempre richiedente
risposte inadeguate a sue domande,
or ombra vuole regolare i conti;
altre anonime cantano stornelli,
di cui frammenti di motivi colgo;
di un’altra disvisata il tambureggio
insiste percuziente e affanna i timpani.
Strano congresso, in cui a disagio resti
come chi non si trova al posto giusto,
di chiusure e rifiuti sol maestra.
Senonché la corazza che ti veste
incita a dismagliarti anche a un convegno
d’ombre. Ed è questa la tua ragion d’essere:
a pezzo a pezzo persa la modestia,
immodesta restare stereotipica.
Testa in giù, mulinelli or gambe all’aria,
rapisci tutto in te, tutto distruggi,
di quel tifone indifferente al centro
buio sesso di donna benpensante.
Chi fosti o sei? Vallo a capir! Compendio
di tutte quante o inconscio personaggio
in cui ho proiettato, flagellandomi
e dilettato per finzioni multiple,
un alter ego in femminine forme?