Quattro wagneriani, se pur sfiniti dalla visita in un’assolatissima Bayreuth, non riescono a prender sonno per un insopportabile baccano che infesta le loro camere d’albergo; dalle finestre delle loro stanze però, non si scorge anima viva cui possa essere imputato tale inopportuno schiamazzo. Un gentile inglese giunge in loro soccorso per svelare che quel sovrapporsi di voci rauche e spezzate deve attribuirsi ai nuovi seguaci di Nietzsche, giunti a darsi battaglia, provocatoriamente, proprio presso il domicilio dei wagneriani: è una “batracomachia” appunto, una battaglia tra rane dall’incomprensibile gracidare, poiché si sa che «i nietzschiani non si capiscono neanche fra di loro».
Difficilmente si potrebbe credere che tale titolo dai chiari richiami pseudo-omerici sia da spiegarsi solo con vaghe somiglianze cromatiche tra i simpatici anfibi e i nietzschiani sovente inverditi dagli eccessi di bile; se la celebre Batracomiomachia è parodia della grande epica eroica, la Batracomachia di Verrecchia è irriverente satira di quelle vicende, non proprio epiche, che fin dal principio hanno caratterizzato la critica nietzschiana, i cui protagonisti sono ormai così numerosi da non potersi più accontentare delle aule universitarie per le loro adunate, e devono riversarsi in parchi pubblici o radure.
Non per nulla, il racconto è da intendersi, secondo le raccomandazioni dello stesso autore, come coda satirica del precedente studio La catastrofe di Nietzsche a Torino, segno evidente che in esso ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o persone realmente esistenti sia tutt’altro che puramente casuale. Dichiarato intento di quel libro era riscrivere, nel fedele rispetto di quanto realmente verificatosi, l’ultimo, drammatico, capitolo della biografia di «questo dinamitardo della morale costituita», sottraendolo alla visione profondamente distorta che ne avevano dato tutti coloro che, al precipitare di Nietzsche nel buio della follia, si erano messi a «strillare la morale del Superuomo». Il racconto La batracomachia di Bayreuth è pungente satira del gigantesco “mito Nietzsche”, da Verrecchia preso di mira già nello studio del 1978, poiché «nulla, più dei miti, è contrario alla verità, così come nulla, per ristabilire la verità, è più necessario della demitizzazione». Né l’irriverenza dello stile può disturbare il lettore abituato a destreggiarsi tra gli innumerevoli titoli della bibliografia nietzschiana perché, come lo stesso Verrecchia già nel 1978 avanzava in sua difesa, considerando il linguaggio bislacco ed enfatico di tale bibliografia, «là dove tutti pregano e osannano, una risatina non ci sta poi tanto male».
Ha ragione Vittorio Mathieu nella sua prefazione, a ritenere sleale rivelare i nomi dei nietzschiani che Verrecchia chiama a raccolta in questa batracomachia notturna: così indistinte, proprio come il gracidare delle rane in uno stagno, le loro voci non possono che equivalersi, smarrendosi in discorsi inconcludenti e annullandosi a vicenda, come dimostra il fatto che «dopo quasi un secolo di studi e di commenti, nessuno sa esattamente quello che abbia voluto dire lo stesso Nietzsche». Se ognuna di quelle voci senza volto contribuisce solo e soltanto a gettare ulteriore scompiglio su quel campo di battaglia in cui, per usare un’immagine di Sossio Giametta, si dilania e si fa impunemente a pezzi Nietzsche come si potrebbe squartare un bue, si tratta di una voluta omissione così carica di significato polemico da rendere inopportuna ogni chiarificazione.
Se anche Nietzsche, come “uomo” e non solo come “filosofo”, non esce proprio indenne dalle mani di Verrecchia, sorge nel lettore di questa Batracomachia il lecito sospetto che molti nietzschiani siano esattamente ciò contro cui Nietzsche predicò tutta la vita… e coloro contro i quali avrebbe voluto insegnare ai suoi discepoli a combattere.
Simona Apollonio