mercoledì 1 febbraio 2012

“Miscela” di saggezza. La filosofia targata Quarta Caffè


“Mi emoziona che il suo nome venga letto su un cartello, che venga indicato a chi cerca la strada, a chi si dà un appuntamento. Mi piace che questo avvenga per tutto quello che lui era e che ha fatto. Mio padre ha dedicato tutta la sua vita al lavoro e al territorio, con passione, con entusiasmo, con amore”.

È così che scrive l'imprenditore Antonio Quarta (fresco di riconferma alla carica di Presidente dell’Associazione Italiana Torrefattori) in una commovente e significativa lettera indirizzata a suo padre Gaetano, per tutti i leccesi “Don Nino”, compianto fondatore della “Quarta Caffè S.p.A.”, l’azienda produttrice del caffè più amato dai salentini.

La lettera apre il libro “Lecce la quarta porta” (Congedo Editore), edito il 18 dicembre 2011 in tiratura limitata in occasione dell’intitolazione al “Cavaliere del Lavoro Gaetano Quarta” della piazzetta antistante Porta Rudiae, una delle principali porte della città di Lecce.

La lettera di apertura del libro non è solo un messaggio di profonda gratitudine e sincera ammirazione di un figlio verso suo padre, ma anche un modo per raccontarne la vita, per ricordare un uomo che ha sempre avuto il coraggio di varcare una nuova soglia, col sorriso sulle labbra; un uomo che ha sfidato e battuto la globalizzazione puntando sulla ricerca, sulla qualità, sull’innovazione; un uomo capace di trasformare una piccola torrefazione artigianale di provincia con bar di degustazione in una delle prime 10 aziende di torrefazione in Italia, dove il business del caffè esprime un giro d’affari orami prossimo ai 3 miliardi di euro, con oltre 700 produttori e circa 7.000 addetti (fonte: Coffitalia 2011-2012).

È qui che si svela implicitamente la filosofia Quarta, fondata sulla convinzione che dietro ad una porta ci sia sempre un mondo da scoprire, che  l'apertura a nuovi orizzonti conoscitivi sia elemento fondamentale per la crescita personale e imprenditoriale.

Varcare una nuova soglia, con coraggio ma anche con prudenza e  con la dovuta curiosità intellettuale, significa allora predisporre la mente a recepire dei cambiamenti. È questo un messaggio importante per noi figli dell'era della tecnicizzazione che, come ricorda Theodor Adorno, ci ha sottoposto alla legge della pura funzionalità, riducendo tutto all'istante dell'azione.

L'odierna società ha eliminato dai gesti ogni esitazione, ogni garbo ("le porte delle auto e dei frigoriferi vanno sbattute con forza, altre hanno la tendenza a scattare da sole"). È così che oggi si disimpara non solo a chiudere con cautela una porta, ma soprattutto a custodire l'interno che essa accoglie, inducendo chi entra alla villania di non guardare mai dietro di sé.

Sono questi stessi passaggi tra una porta e l'altra a determinare dei cambiamenti fondamentali nella vita, i quali spesso, come ha sottolineato Antonio Quarta lo scorso 1 dicembre durante una speciale lezione di filosofia d’impresa agli studenti di filosofia dell’Università del Salento, sono frutto di un inspiegabile intreccio di eventi apparentemente sconnessi tra loro ma fortemente significativi (in altre parole successi "non a caso").

Una tesi che sembra riportare al concetto di "sincronicità", approfondito da Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica. Essa indica il principio che regola i “nessi acausali”, ossia la coincidenza nel tempo di due o più accadimenti causalmente non correlati che hanno lo stesso o simile significato. Sarebbero proprio queste particolari coincidenze che alle volte,  intrecciandosi, sono in grado di determinare parte delle nostre vite. La sincronicità presuppone perciò una logica “a priori”, una sorta di accettazione dell’idea spirituale che esista un “senso”, un percorso energetico universale a cui noi uomini siamo sottoposti, e che ci vede partecipi di un assemblaggio di fenomeni, manifesti in frequenze di vibrazioni apparentemente impercettibili ma fortemente incisive nel profilo di ognuna delle nostre vite.

Una intitolazione importante, allora, quella a Gaetano Quarta, in corrispondenza di un'emblematica Porta per i leccesi, che da oggi ricorderà un uomo che ha sempre pensato che una porta sia sempre un diaframma fra due mondi, un'apertura che immette in una situazione nuova e imprevedibile; ma anche la filosofia di una famiglia che ha sempre concepito il caffè come una sorta di "esercizio filosofico", in cui i pensieri si stemperano per un istante, nella frenesia delle nostre giornate.

Elisa Cantone