Da sempre
gli uomini sono convinti che un giorno il tempo finirà e, con esso, anche
l’umanità. Tante le profezie catastrofiche che nel corso della storia sono
state elaborate e altrettante quelle che per lungo tempo sono state date per
certe, alimentando i timori collettivi.
L’ultima che
ha suscitato maggiore interesse, non solo per la prossimità del suo avverarsi, ma
anche per il planetario risalto mediatico che ha avuto, è indubbiamente quella elaborata
più di cinquemila anni fa dal misterioso popolo dei Maya. Una profezia
destinata, come noto, a realizzarsi il 21 dicembre 2012. Esattamente tra una
anno.
Anche di
fronte a tale ultima, rispolverata teoria catastrofista la domanda che
obbligatoriamente si impone è solo una: e se avessero ragione i Maya e quanto
da loro predetto questa volta accadesse per davvero? Come vivrebbero gli uomini
l’ultimo preannunciato anno della loro era?
La risposta a
tale quesito non è altrettanto immediata, né tantomeno universale, posto che in
ogni epoca e in ogni cultura tanti sono stati coloro che hanno provato a darne
una.
A volerne
citare solo uno, a noi caro, il pensiero non può che correre al celeberrimo
filosofo di Konigsberg, Immanuel Kant, il quale, nell’affrontare il tema della
fine del mondo, dell’Apocalisse e del giudizio universale in un piccolo
trattato intitolato “La fine di tutte le cose”, ha icasticamente sostenuto che la
fine di tutte le cose sarebbe coincisa
con il Fine proprio di ogni Uomo.
E se così
fosse? Non meteore di fuoco, non cataclismi naturali o piaghe dal sapore
biblico segnerebbero, quindi, la fine
del nostro mondo attuale, bensì il raggiungimento da parte di ciascuno di noi
dello scopo della propria vita.
Il futuro
scenario che si dischiuderebbe per l’anno a venire sarebbe allora il più vario
e, indubbiamente, il più roseo.
Ciascuno di
noi potrebbe infatti avere e sentire di avere un diverso “fine” che indirizza
la propria vita. Così, per alcuni di noi lo scopo da raggiungere potrebbe
essere l’amore, l’amore verso il proprio partner, verso i propri cari o anche
solo verso se stessi. Per altri invece potrebbe essere la conoscenza e la
scoperta di ciò che ci circonda. Per altri ancora questo “fine” potrebbe
coincidere con l’assimilazione a Dio e così via.
In altre
parole, ciascuno di noi potrebbe trascorrere l’ultimo ipotetico anno cercando
di indirizzare la propria esistenza verso ciò che più lo fa sentire realizzato,
vivo e completo, senza lasciarsi dietro futili ed inutili rimpianti.
Cercando di
vivere con consapevolezza. Con quella consapevolezza che più di ogni altra
“cosa” la filosofia, nel suo significato più autentico, ci può aiutare ad
acquisire.
Cercando di guardare
non solo oltre il calendario dei Maya, ma anche e soprattutto oltre il velo di
Maya.
(Cristina
Randino)