mercoledì 21 dicembre 2011

Se maya mi dà tanto


Da sempre gli uomini sono convinti che un giorno il tempo finirà e, con esso, anche l’umanità. Tante le profezie catastrofiche che nel corso della storia sono state elaborate e altrettante quelle che per lungo tempo sono state date per certe, alimentando i timori collettivi. 
L’ultima che ha suscitato maggiore interesse, non solo per la prossimità del suo avverarsi, ma anche per il planetario risalto mediatico che ha avuto, è indubbiamente quella elaborata più di cinquemila anni fa dal misterioso popolo dei Maya. Una profezia destinata, come noto, a realizzarsi il 21 dicembre 2012. Esattamente tra una anno.

Anche di fronte a tale ultima, rispolverata teoria catastrofista la domanda che obbligatoriamente si impone è solo una: e se avessero ragione i Maya e quanto da loro predetto questa volta accadesse per davvero? Come vivrebbero gli uomini l’ultimo preannunciato anno della loro era? 
La risposta a tale quesito non è altrettanto immediata, né tantomeno universale, posto che in ogni epoca e in ogni cultura tanti sono stati coloro che hanno provato a darne una.  
A volerne citare solo uno, a noi caro, il pensiero non può che correre al celeberrimo filosofo di Konigsberg, Immanuel Kant, il quale, nell’affrontare il tema della fine del mondo, dell’Apocalisse e del giudizio universale in un piccolo trattato intitolato “La fine di tutte le cose”, ha icasticamente sostenuto che la fine di tutte le cose  sarebbe coincisa con il Fine proprio di ogni Uomo. 
E se così fosse? Non meteore di fuoco, non cataclismi naturali o piaghe dal sapore biblico segnerebbero,  quindi, la fine del nostro mondo attuale, bensì il raggiungimento da parte di ciascuno di noi dello scopo della propria vita. 
Il futuro scenario che si dischiuderebbe per l’anno a venire sarebbe allora il più vario e, indubbiamente, il più roseo. 
Ciascuno di noi potrebbe infatti avere e sentire di avere un diverso “fine” che indirizza la propria vita. Così, per alcuni di noi lo scopo da raggiungere potrebbe essere l’amore, l’amore verso il proprio partner, verso i propri cari o anche solo verso se stessi. Per altri invece potrebbe essere la conoscenza e la scoperta di ciò che ci circonda. Per altri ancora questo “fine” potrebbe coincidere con l’assimilazione a Dio e così via.

In altre parole, ciascuno di noi potrebbe trascorrere l’ultimo ipotetico anno cercando di indirizzare la propria esistenza verso ciò che più lo fa sentire realizzato, vivo e completo, senza lasciarsi dietro futili ed inutili rimpianti. 
Cercando di vivere con consapevolezza. Con quella consapevolezza che più di ogni altra “cosa” la filosofia, nel suo significato più autentico, ci può aiutare ad acquisire. 
Cercando di guardare non solo oltre il calendario dei Maya, ma anche e soprattutto oltre il velo di Maya.

(Cristina Randino)