giovedì 15 dicembre 2011

Mentire allegramente da comunicatori

Nel decennale del corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università del Salento, sono stati indetti una serie di incontri, fra i quali una due giorni dedicata al sociologo canadese Marshall McLuhan che si svolgerà, a partire da oggi – giovedì 15 dicembre – presso il Convitto Palmieri, in due sessioni curate da Stefano Cristante, Carlo Formenti, Mariano Longo e Davide Borrelli.

A questo proposito risulta interessante un intervento di Stefano Cristante, presidente del corso di laurea in Scienze della Comunicazione e docente di Sociologia delle comunicazioni di massa, che sul numero di novembre della rivista Alfabeta, nella sezione che al postmoderno lì vi si dedicava - col titolo di "Tramonto del postmoderno" -, dedica, all'opera del sociologo canadese, un intervento racchiuso sotto il titolo di "A cosa serve McLuhan".

Aspetto fondamentale, a mio avviso, è quello in cui Cristante analizza il pensiero di McLuhan dal punto di vista antropologico per cui risulta che «lo scarto postmoderno, in questa prospettiva, abbandona il terreno fecondo della crisi della modernità attraverso indagini a largo spettro antropologiche (tali considero i lavori di Lyotard e l’esplorazione dei media da parte di McLuhan)» in quanto la riflessione del sociologo canadese, muovendosi sul più ampio piano delle possibilità d’analisi, s’innesta in quel punto cruciale spiccatamente antropologico-sociale d’analisi evolutiva dei linguaggi mediatici, legando a doppio filo la sospesa condizione dell’anthropos a condizioni psico-sociali generanti e derivate dai diversi media che hanno segnato la storia dell’uomo.

La concezione strutturale del mezzo, medium, analizzato di volta in volta in relazione alle sue specificità, porta alla famosa condizione espressa da McLuhan per cui il medium è il messaggio, in relazione alla natura intrinsecamente comunicativa, pervasiva, dei media, tanto da essere essi stessi il messaggio, oggetto d’indagine strutturale che va oltre la consueta analisi del contenuto («il contenuto di un medium è sempre un altro medium», McLuhan, Gli strumenti del comunicare) che il mezzo veicola per spostare, dunque, l’attenzione sul messaggio ch’è implicito alla natura del mezzo stesso. Alla base di tale nozione McLuhan poneva cambiamenti di ritmo, di proporzioni e di schemi, introdotti da un medium nella società; proporzioni e schemi spesso sembrano indicare la strada di sostanziali cambiamenti di ritmo, tanto da poter pensare al ritmo come momento generante la condizione di co-esistenza medium-messaggio. Rintracciamo la nozione di ritmo in mezzi quali la ferrovia, l’aereo, la corrente elettrica e allo stesso modo in quegli stili di vita allucinati, rilassati o frenetici che possono essere dati, di volta in volta diversi, da televisione, internet e nuove tecnologie. Il denaro, in quanto medium, risulta legato a mutamenti di schemi e sistemi sociali tanto da essere, oggi, uno dei veicoli frenetici delle esistenze di passaggio che, alienate, alienano spazi pubblici defraudandoli della loro funzione sociale a vantaggio della piazza del terzo millennio: vetrine, negozi, centri commerciali, il virtuale.

Storicamente, il denaro, legato all’infittirsi di scambi commerciali, è propulsore di sistemi sociali innestati su mutamenti di ritmo e modificazioni delle relazioni interpersonali «Lo scenario urbano si rivelò centrale per accogliere queste innovazioni comunicative. L’infittirsi degli scambi non riguardava solo l’aumento della comunicazione all’interno della città [...] Anche gli scambi con altre realtà urbane erano decisivi, e presero piede gradatamente non solo in ambiente mercantile e commerciale, coinvolgendo a pieno il nuovo milieu intellettuale» (Cristante, Prima dei mass media, Egea, p. 79). Il denaro, che è un numero, è un medium che, in quanto «estensione e separazione della nostra attività più intima» (McLuhan), risulta intellegibile perché legato al senso del tatto, ed è nell’individuo in quel suo essere ancorato alla gioia per la moltiplicazione, dei numeri stessi, nel trovarsi in mezzo ad una folla.

Ma se il numero è nell’individuo ed è legato a gioia, piacere, ed è allo stesso tempo denaro che è oggettivazione del desiderio (Simmel), è nelle vetrine, oggetto contemporaneo del comprare, del desiderio, che si realizza una ulteriore divisione dell’uomo, da parte della struttura – nel senso lacaniano -, che la pulsione, fattasi desiderio, quindi linguaggio, è oggettivata e divisa, nel superamento della condizione di Parlessere, verso una condizione di acquisto che è coincidenza con l’essere, scisso, che non ritrova e non cerca l’altro (Lacan, l’altro è la strutturazione della vita psichica), ma è svagato nel bombardamento in corso delle vetrine, nella frenesia di un sistema al collasso. Se l’uomo, oggi, volgesse lo sguardo altrove? Verso modificazioni del sistema sociale in atto? Se così fosse, sembrerebbe profetica la visione mcluhaniana dell’uomo occidentale ritribalizzato; che sia, però, un ritorno all’ascolto, ad un cambio di ritmo per la rifondazione dell’anthropos.

(Francesco Aprile)