lunedì 12 dicembre 2011

La taverna all'ombra della Costituzione

In una piovosa serata invernale, nella Città del Sole, due compagni di bevute si ritrovano alla Fontana dell’Illuminazione, la taverna per spiriti liberi, come recita l’antica incisione sull’insegna.
– Buonasera, vecchio amico! È un’eternità che non ci si vede! Non avrai mica deciso di confonderti con la mobilia della tua abitazione ottocentesca? Ho trascorso cinque giorni a tracannare rum in totale solitudine, assalito da riflessioni che non potevo condividere con anima viva. Sai quanto mi riesce difficile stringere nuove amicizie.
– Scusami tanto. Sono rimasto davvero sconvolto… Le ultime notizie relative alle manovre economiche per risollevare il Paese mi hanno impedito di uscire di casa, per quanto intenso è stato lo shock nell’udirle. Ma non dovrei giustificarmi con te. Diamine! Non puoi fare affidamento solo su di me! È ora che tu faccia i conti con la tua misantropia! In fondo non sei neanche tanto timido!
– Hai ragione, ma la mia indole pessimista restringe inevitabilmente il cerchio dei candidati a discutere con me. Diciamo che sei l’unico con cui riesco a comunicare. A proposito, parlavi di shock, se non erro. Di manovre economiche, restrizioni appunto. Cosa può averti indotto a rinunciare al buon bicchiere di rum invecchiato venticinque anni che ci concediamo abitualmente? Non è mai successo, deve essere davvero qualcosa di grave.
– Lo è, amico mio. L’hanno fatta grossa. Troppo grossa. Passi anche la testardaggine dei governanti nel continuare a privilegiare la loro casta, perché ormai questo sono diventati, ma far pesare l’onere della salvezza dell’Italia solo sui comuni cittadini no, è inaccettabile.
– Spiegati meglio amico mio. Rinuncia per una volta alla profondità!
– Parlo dei privilegi della Chiesa. Come si fa a ideare una manovra del genere, obbligare le persone a pagare le tasse sui beni immobili in loro possesso – senza tener conto dei rincari sui carburanti, dell’aumento dell’iva e quant’altro – dimenticando di coinvolgere il mondo cattolico? Diamine! Di fronte a simili atteggiamenti non posso fare a meno di dubitare che il processo di secolarizzazione sia effettivamente avvenuto.
– Amico mio, tocchi un tasto dolente per la nostra cara Penisola. Una questione tutta italiana, la quale investe ogni settore della nostra vita, dall’educazione alla politica, attraversando l’etica. Probabilmente un tema tra i più spinosi, quello delle relazioni tra Stato e Chiesa.
– Purtroppo hai ragione. Si tratta di un paradosso: l’Italia è una nazione laica, eppure la Costituzione sancisce un rapporto di tipo pattizio con la Chiesa cattolica. I residui del Concordato del ’29, poi modificato nel 1984, sono parte integrante del nostro diritto costituzionale. Mi interrogo continuamente sulle ragioni di questo ossimoro.
– Voglio esprimere il mio pensiero in merito. Da quanto osservo, il nostro Stato si dichiara laico – quindi si astiene dall’intervento in materia di fede – solo quando si tratta la religione come scelta individuale. Al contrario, quando parliamo di gruppi religiosi, esso ritiene di dover interferire. Fin qui credo che non ci sia nulla di male, perché l’intervento sarebbe mirato a difendere la libertà di scelta del singolo dalle eventuali pressioni e dai pregiudizi dei vari gruppi.
– Prosegui la tua riflessione, amico mio. Spiega perché questo intervento statale in materia di fede diventa problematico, diciamo.
– Beh, direi innanzitutto che i problemi sorgono già nella scelta del sistema di relazioni con le confessioni religiose adottato dal nostro Stato, ovvero quello fondato su concordati e intese, che per nulla si addice a uno Stato laico. Semmai, sarebbe il modello di uno Stato confessionale. Poi direi che il danno maggiore deriva dai privilegi di cui gode la fede cattolica, grazie al Concordato, a cui accennavi poc’anzi, con buona pace del principio di laicità e dell’eguaglianza religiosa.
– Stai parlando del famigerato articolo 7 della Costituzione, esatto?
– Proprio così. È scandalosa una situazione del genere. Pensa che molti la difendono, giustificandosi con il richiamo alle radici cattoliche dell’Italia e della stessa Europa. Intanto noi siamo costretti a pagare e il mondo cattolico invece è esentato. Pensa che paghiamo anche l’acqua al Vaticano!
– Ma come si fa? Basta riflettere e ricordare un grande pensatore del ‘600, John Locke, per comprendere quanto sia inattuale tale sistema di relazioni tra Stato e Chiesa.
– So dove vuoi arrivare… La lettera sulla tolleranza.
– Acuto, amico mio! Il rum non offusca la tua mente, anzi, ravviva la tua memoria. Locke diceva che lo Stato è una società di uomini costituita per preservare esclusivamente i beni civili. Non era suo compito la cura delle anime. La Chiesa invece è, secondo la sua idea, una libera società di uomini che si riuniscono spontaneamente per venerare Dio nel modo che appare a loro più congeniale per onorare la divinità e ottenere la salvezza dell’anima. Locke diceva poi che solo la Chiesa può far leggi che la riguardano e inoltre esse devono limitarsi alla sfera religiosa.
– Questo si che è pensiero moderno!
– Beh, direi che è moderno sia nell’accezione storiografica del termine che in quella convenzionale, amico mio. Che tristezza! Andiamo via, potremmo stare ore e ore a discutere su questo tema spinoso, senza cavare un ragno dal buco. Così va il mondo, direbbe qualcuno…
– È vero. E poi, rivolgi il tuo sguardo fuori, amico… Piove, nella Città del Sole.

(Davide Negro)